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Astronomo, sommelier, appassionato di montagna e di videogames, quando posso mi diverto a parlare e discutere di politica.

"Caminante, no hay camino, se hace camino al andar"

sabato 31 marzo 2012

La nuova tecnopolitica. E se fosse un bene?

Diciamoci la verita', gli italiani, ma gli uomini in generale, hanno memoria breve. Hanno già' dimenticato i nostri ultimi 20 anni, e faticano ancora a riconoscere che la crisi sta dilagando inesorabilmente in maniera proporzionale al tasso di corruzione dei paesi. Corruzione, inevitabilmente connessa con la politica.
Ecco allora che in Italia, più' ancora che in Grecia si e' tentato, per arginare una crisi non più' sostenibile (leggi: quando cioè' la crisi rischiava di intaccare anche i capitali dei corrotti e dei corruttori...), un nuovo esperimento: lasciare il paese nelle mani capaci di tecnici in grado di risanare conti e credibilità'. E permettere così a corruttori e corrotti di ricostruire i loro affari al minimo costo possibile. Dopotutto, e' gente di affari. E quale miglior approccio nell'accettare dei tecnici, se non uno studio di costi-benefici?
In tutto questo, come e' lecito aspettarsi in tempi di crisi ideologica, il popolo, tutti noi, siamo solo piccole barche in balia delle correnti in questi oceani dominati dal Mercato, il Dio Nettuno della nuova teogonia.

Ma possiamo noi barchette affrontare un mare in tempesta? E come? Alla prima domanda, la verità' e' che forse non possiamo. Ma, più' importante ancora, dobbiamo.  E quindi il passo necessario e' la risposta alla seconda domanda. E le scelte che abbiamo davanti sono due: elezioni politiche, o tecnici che rispondono solo al volere dei mercati. Sale il malcontento, giorno dopo giorno, per colui che quasi tutti, il sottoscritto compreso, consideravano (e ancora considerano) il Salvatore. E questo perche' principalmente, l'alternativa ci spaventa di più' che accettare scelte impopolari e autolesioniste. Eppure tanti vorrebbero tornare al voto. Bene...come se scegliere tra Bersani-Alfano-Bossi-Di Pietro-Vendola fosse la nuova soluzione, e non il ritorno del passato che in Italia ha generato tutto questo.

Allora io propongo una terza via, nuova, che altro non e' se non la'pplicazione del dogma latino 'in medio stat virtus'. E dico: lasciamo convivere tecnici e politici, e raccogliamo il meglio da ciascuna esperienza, perché' qualcosa di buono in entrambi, in fondo, c'e'.

Immagino un governo di tecnici, scelti magari dal Presidente della Repubblica, il più' possibile indipendenti e dal curriculum tale da assicurare credibilità' internazionale ma, più' di tutto, capacita' organizzativa.

E immagino poi un Parlamento ed un Senato fatto di politici, scelti da noi, che rappresentino tutti noi ed accolgano le proposte del governo per poter poi essere emendate sulla base di un dibattito pubblico intenso come quello sull'articolo18, di cui non avevo più' memoria dai tempi del pre-berlusconismo.

Con una postilla, fondamentale pero', per dare credibilità' e valore a queto approccio: l'abolizione del ricorso alla fiducia. E questo chiuderebbe il cerchio.

Dei tecnici preparati che propongono delle leggi, sulla base di ciò' che ritengono costruttivo per il Paese e senza pressioni lobbistiche. E un Parlamento sovrano, con la possibilità' di emendare i provvedenti sulla base del volere dei cittadini, di cui sono espressione e rappresentanza.

E pensate...niente più' Bersani, Alfano...e cosi via. Ma solo liste di candidati, dell'una o dell'altra parte politica, costrette quindi a conquistare voti solo sulla base delle idee e delle posizioni, per avere forze in Parlamento in grado di esprimerle. E basta. Niente più' poltrone da spartirsi, ma un Parlamento che torni al ruolo originario, di rappresentanza. Con l'aggiunta che un governo esiste, ma NON e' esso stesso espressione del popolo. E' funzione del popolo, con il solo scopo di produrre leggi di finalità' nazionale. E delegare il Parlamento alle modifiche.

Quello che avverrà' ora con la riforma del Mercato del lavoro, questo 'strano percorso' di legge presentata da un governo tecnico 'di forza' e che può' e deve essere emendata, vorrei che non fosse un caso. Ma la regola. E se verra' come tutti speriamo, modificata in positivo, avremo per la prima volta da anni una legge complessissima, con basi strutturali e sostanziali, di cui si e' dibattuto fortemente in tutta la nazione e solo dopo un dibattito osrei dire quasi 'popolare', si e' giunti all'adeguamento di tale legge in ciò' che più' rispecchia le volontà' di tutti.

Se l'articolo 18 non verra' modificato, o comunque trovera' un miglioramento nella direzione sperata da tanti, io direi: benvenuta Italia, nella nuova era della tecnopolitica. E che duri a lungo. Sarebbe meno utopico, pensare che ogni riforma degna di questo nome venga seguita con tanto entusiasmo e dibattito da tutto il paese.